I ragazzi italiani tra i 15 e 24 anni erano circa 12 milioni nel 1990. Oggi si sono poco più che dimezzati. Alla luce di questo dato viene spontaneo fare una riflessione: meno aspiranti ai posti di lavoro, più giovani occupati. Invece succede il contrario.
La disoccupazione giovanile a novembre 2011 ha raggiunto il 30,1% , contro circa il 9% della disoccupazione in generale, inoltre, dato ancora più impressionante, sono circa due milioni i giovani italiani tra i 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non cercano nemmeno un’occupazione. Si chiamano neet (dall’inglese not in education, employment or training). Come possiamo spiegare questo fenomeno ?
Ipotesi di spiegazione
La difficoltà di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro è un problema comune a molti Paesi, ma in Italia è più grave che altrove. Stiamo rischiando di compromettere il futuro di un’intera generazione.
Un aspetto molto importante emerge confrontando il tasso di disoccupazione dei giovani con quello degli adulti. Questa differenza si risconta ovunque in Italia sia al Nord sia al Sud, anzi, in qualche regione del Nord è più alta che al Sud.
Il fatto è che le aziende sono restie ad trasformare i giovani assunti temporaneamente in “illicenziabili”. Preferiscono i contratti a tempo determinato o a progetto perché consentono loro di aggirare le rigidità dei rapporti a tempo indeterminato. Le conseguenze sono che i giovani vivono con i genitori più a lungo, si sposano più tardi, fanno meno figli, non accumulano i contributi per la loro pensione..
Cosa fare dunque?
Alcune cose si possono fare subito e darebbero risultati immediati. Prima di tutto, e di questo si è molto parlato, bisogna modificare radicalmente il mercato del lavoro abolendo la separazione tra contratti a tempo determinato e indeterminato, sostituendoli con un contratto unico con protezioni e garanzie che crescono con l’anzianità.
Il problema della disoccupazione giovanile sta creando in Italia una generazione di sfiduciati, disillusi che non si impegna perché non trova sbocchi e non vede per sé un futuro. Perdiamo molti bravi giovani che se ne vanno all’estero. Non solo i cosiddetti cervelli , ma anche giovani che, non trovando un normalissimo lavoro in Italia, lo cercano e lo trovano altrove.
Una generazione di scoraggiati non si riproduce né economicamente, né demograficamente e crea un pericoloso circolo vizioso. Queste spirali si possono arrestare, ma solo se si interviene presto.
Nicholas Tidei
Negli ultimi tempi frasi come “c’è la crisi” o “il lavoro scarseggia” sono diventate sempre più frequenti e soprattutto sono le risposte tipiche dei datori di lavoro nei confronti di giovani in cerca di una occupazione.
Il problema del lavoro dei giovani è un dato di fatto, una piaga nazionale. I contratti a termine di apprendistato e a progetto sono provvisori e privi di garanzie per il futuro.
Quali sono i motivi di questa situazione di precarietà? E’ colpa della politica? Dei governi che “rubano” il futuro ai giovani con leggi dissennate in nome del libero mercato? E’ colpa della crisi economica?
Sono entrambe cause influenti, non c’è dubbio: da un lato la politica dei governi che sprecano i soldi pubblici senza curarsi di come vengono spesi, causando il peggioramento nel campo dell’istruzione, dall’altro la crisi economica che continua a ridurre sempre più le possibilità di lavoro (sempre minore è il numero delle aziende e delle attività nascenti mentre aumenta quello delle attività che falliscono o spostano le loro sedi altrove soprattutto per motivi fiscali).
In questa precaria situazione a noi giovani non resta altro che tirare fuori le unghie per affrontare e superare gli ostacoli.
Simone Barionovi
Secondo me i giovani d’oggi si trovano molto “spiazzati”, ad esempio fin dall’età di frequenza delle superiori pensano al futuro una volta ottenuto il diploma, ma il loro futuro immaginato si sgretola con il passare del tempo.
Pensiamo ad esempio all’attuale momento di crisi. Una mattina ti svegli, prendi una decisione lavorativa e il giorno dopo e già da cambiare perché ti accorgi che quel settore lavorativo è in forte calo economico.
Molti giovani cercano una speranza nei corsi di studi universitari e sperano di trovare un lavoro che entri nell’ambito del titolo di studio.
Questa speranza futura viene oggi frustrata purtroppo dal prolungarsi dell’obbligo lavorativo degli anziani che oggi vedono l’età pensionabile protrarsi sempre di più. Matteo Salvatori
Di solito quando si chiede ad un bambino il lavoro che vorrebbe fare da grande, la risposta è sempre la stessa, di norma il calciatore per i maschi e la velina per le femmine.
Crescendo, però, si comincia a capire realmente come stanno le cose: che il denaro scarseggia, che bisogna aspirare ad altro nella vita e che magari il sogno di allora era solo una sciocchezza infantile. Ci siamo passati quasi tutti e il ricordarlo fa sorridere.
Con il passare del tempo le opportunità di lavoro sono diminuite, tanto che oggi neanche una laurea specialistica sembra sufficiente a garantire un’occupazione.
Molti ragazzi si ritirano prima ancora di aver concluso la scuola superiore o dopo il diploma di terza media, trovando un lavoro che spesso si protrae per l’intera giornata anche se retribuito con uno stipendio basso.
Ovviamente impegnandosi nello studio e puntando a ciò che si desidera, è possibile realizzare il sogno di trovare il lavoro agognato, ma spesso si trova lo stesso lavoro dei genitori grazie alle raccomandazioni.
Un consiglio che potrei dare è di frequentare una scuola che consenta di trovare un lavoro che piace e non fare una scelta che faccia contenti i genitori o i professori. Per fare questo, per trovare il lavoro giusto, è però necessaria forza di volontà e un pizzico di fantasia.
Federico Fontana
Sentir dire che non c’è lavoro non è una novità, ma secondo me, anche se meno pagate, le opportunità di occupazione ci sono. Il fatto è che oggi i giovani rifiutano i lavori più faticosi, vorrebbero stare tutti dietro una scrivania, lasciando quindi i lavori più duri ai tanti stranieri presenti in Italia.
Un’ulteriore causa è la tecnologia: nelle fabbriche gli uomini sono sostituiti dalle macchine, se prima servivano 100 operai ora bastano 2 tecnici.
Inoltre la vita media si è allungata, un bene per l’umanità, ma che elevando l’età pensionabile, non consente la liberazione di posti di lavoro per i giovani.
Il problema della disoccupazione è sempre esistito, ma ultimamente, a causa della crisi economica, molte famiglie non riescono ad arrivare a fine mese. La mancanza di denaro e di lavoro sono la prima causa che porta all’aumento della criminalità. Se non si dà rapidamente soluzione al problema della disoccupazione, per l’Italia sarà dura. Ma in fin dei conti chi è l’Italia? Siamo tutti noi e allora facciamo un esame di coscienza e cerchiamo di cambiare le cose.
Piracci Michele
Oggi come oggi gli studenti che al termine delle scuole superiori decidono di non frequentare l’università, si trovano a fare i conti con la “questione lavoro”.
E’ ormai a tutti noto quanto sia difficile trovare lavoro nell’attuale situazione di crisi; condizione che spinge molti studenti a prolungare gli studi. Il risultato però non cambia di molto: sono tanti i giovani laureati ancora in stato di disoccupazione anche a distanza di alcuni anni dal conseguimento della laurea. Molti ragazzi diplomati trovano lavoro potendosi inserire nell’attività di famiglia o grazie a raccomandazioni di conoscenti o amici, a discapito di chi dedica molti anni della propria vita per conseguire una laurea e poi trovare un’occupazione adeguata, e invece vedersi sottratto il posto da persone raccomandate.
Le maggiori difficoltà si riscontrano al sud Italia, dove la percentuale di disoccupati cresce sempre di più. Non solo al sud è più difficile trovare lavoro, ma una volta trovato, il salario è minore di quello che si prenderebbe al nord svolgendo lo stesso lavoro. Per questo ed altri motivi, ragazzi che vivono in regioni quali la Puglia, la Campania o la Calabria, si vedono costretti a spostarsi e a trasferirsi al nord.
I giovani devono quindi lottare contro tanti fattori che, giorno per giorno, rendono difficile la loro condizione. Tutto ciò porta i giovani a compiere tanti sacrifici e sentirsi frustrati, spesso in modo umiliante. La carenza di alloggi rende loro difficile programmare il futuro o procrastinare la vita nella famiglia deludendoli nel loro bisogno di autonomia e di libertà, e nel desiderio di fare esperienze.
Lorenzo Pace
Nella società odierna vediamo migliaia di giovani vivere una vita agiata facilitata dalle tante comodità e innovazioni portate dall’industrializzazione del nostro paese.
A differenza dei giovani americani che quando vanno a scuola hanno opportunità di compiere lavori stagionali, quelli italiani che proseguono gli studi dopo la scuola dell’obbligo, di solito non lavorano, né durante l’anno scolastico né durante l’estate, continuando a essere mantenuti dai genitori. Questo è un elemento della mentalità dei giovani e delle famiglie italiane che nutrono scarsa considerazione, se non addirittura disprezzo, per il lavoro manuale. Ciò spiega perché in Italia solo il 5% dei giovani di età superiore a 15 anni dichiari di voler fare, in futuro, un lavoro manuale.
Eppure da sempre le generazioni giovanile sono cresciute sperimentando lavori manuali, provando su di essi le proprie capacità, la propria intelligenza e il proprio carattere; dai lavori domestici a quelli sociali, artigiani, industriali. Per esempio occupando parte delle vacanze estive in un’officina, alcuni giorni alla settimana in una bottega, o il tempo libero dallo studio per collaborare ai servizi sociali, per anziani e bisognosi.
C’è da dire comunque che molti giovani italiani non lavorano durante le vacanze estive perché in Italia di questi tempi è molto difficile anche fare queste esperienze. Francesco Avignoni
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